A trent’anni dalla prima missione SRL (Shuttle RadarLab) -1, ripercorriamo le fasi storiche di una grande impresa italiana  il cui esito ha consolidato la leadership  sulla tecnologia SAR

09 Aprile 2024

Sono passate da poco le 17:00 del 11 Ottobre 1994 quando in una sala del Ministero degli Affari Esteri italiano, l’Amministratore della NASA Daniel Goldin, in visita in Italia per le collaborazioni con l’Agenzia Spaziale Italiana, riceveva la telefonata: «Mi comunicano che lo Shuttle Endeavour è regolarmente atterrato in questo momento, con una manovra assolutamente perfetta. Grazie all’Italia per il suo fondamentale contributo. Mi preme ricordare che queste prime due Missioni (SIR-C/X-SAR) hanno avuto negli USA un grande impatto scientifico e mediatico, secondo solo allo sbarco dell’uomo sulla luna».

Il lancio della prima missione era avvenuto sabato 9 aprile ore 6:05 quando dalla base di Cape Canaveral lo Space Shuttle Endeavour, con sei astronauti e il prezioso carico tecnologico a bordo, si alzò in volo con a bordo la missione STS 59, che portava nello spazio i sistemi radar in banda L e C (USA), con polarizzazione orizzontale e verticale, e quello in banda X (sviluppato congiuntamente da Italia e Germania), con polarizzazione verticale. L’osservazione contemporanea in diverse bande di frequenza e con diverse polarizzazioni, definita in fase di preparazione della missione, ha permesso di aumentare grandemente il contenuto informativo sui siti osservati.

Questa prima missione aveva tre obiettivi:

a) Effettuare prove tecniche per una nuova generazione di radar;

b) Sperimentare per la prima volta nello spazio un radar in banda X;

c) Effettuare una serie di esperimenti scientifici nei campi della geologia, idrologia, oceanografia, teorie elettromagnetiche, calibrazioni, topografia.

Come per quasi tutte le missioni spaziali, non sono mancati problemi da risolvere sia prima che durante l’esecuzione della missione; grazie alle intuizioni del Project Scientist X-SAR, Prof. Mario Calamia, almeno in due occasioni, è stato possibile risolvere problemi che avrebbero, nel primo caso, ritardato e, nel secondo, impedito l’esecuzione della missione con lo Shuttle già in orbita.

Nell’anno precedente al lancio, l’ASI era in ritardo nella messa a punto di alcuni componenti tecnici degli apparati da utilizzare, fatto che impediva la chiusura del collaudo pianificato presso il Centro Spaziale di Cape Canaveral tra il 15 e 16 agosto 1993, collaudo che avrebbe dovuto confermare la missione SRL-1 (STS 59).

La soluzione che permise la chiusura del collaudo entro il 1993, proposta da Calamia e supportata dal Management ASI (Program Manager Ing. Paolo Ammendola e prof. Giampietro Puppi, Commissario Straordinario) e dell’industria, fu il trasferimento di tutto il Team italiano negli USA, presso il Jet Propulsion Laboratory – JPL, organismo tecnico della NASA a Pasadena -California, permettendo una interazione in tempo reale per la risoluzione dei problemi incontrati.

Ma il problema più complesso era ancora dietro l’angolo.

Dopo l’immissione in orbita dello Shuttle e l’accensione dei primi due radar, quello in banda L e quello in banda C, che attestavano il regolare funzionamento, toccava ora al radar italo-tedesco di dare prova di efficacia ed efficienza, ma l’amplificatore di potenza non si accendeva.

«… without the HPA functioning, X-SAR Science is lost», fu il commento dal centro di controllo. E del resto i tentativi di attivare il sistema radar, in modalità sia automatica sia manuale, erano tutti falliti. I circuiti elettronici collassavano, tentativo dopo tentativo. Gli esperti in Europa, collegati in teleconferenza, avevano esaurito tutti i loro consigli. Il tempo passava e la situazione si annunciava drammatica per i prossimi sette – nove giorni della missione.

«A un certo punto, ricorda nel 2002 Heinz Stoewer, direttore generale dell’Agenzia Spaziale tedesca, in occasione del conferimento del premio Wernher-Von-Braun a Mario Calamia, avevamo visto una sola via d’uscita, cioè il disperato tentativo di escludere l’elettronica di controllo in modo da bypassare i circuiti della sicurezza»

Le probabilità erano al cinquanta per cento tra successo o fallimento ma il team italiano si affidò al suggerimento del Project Scientist e riuscirono a convincere lo staff di sicurezza della NASA che valutò il rimedio proposto in termini di rischio per lo Shuttle e per l’equipaggio. La conoscenza della materia in termini di complesse interazioni nell’elettronica radar fu la chiave di svolta.

Mario Calamia e tutta la squadra di italiani, americani e tedeschi avevano reagito e creduto in quella soluzione improvvisata. Inaspettato ma fortemente voluto il successo della missione fu presentato alla prima conferenza stampa tenuta negli USA, con la prima immagine radar in banda X della penisola della Kamchatka della Missione SIR-C/X-SAR. Era il 9 aprile 1994 ore 19:41. (Fig. 1)

Il contributo del team Italiano al successo di questa prima conferenza stampa fu essenziale: insieme a tutto il Team era stato trasferito negli USA (precisamente a Houston, da dove si gestiva la missione) anche l’I-PAF (Italian Processing and Archiving Facilities), il cui nucleo era costituito da un Survey Processor, un elaboratore di alta precisione e risoluzione, col quale elaborare in tempo quasi reale quella parte dei dati registrati a bordo su videocassette e trasmessi a terra. Non era solo una questione di priorità nel disporre di immagini utili nelle conferenze stampa, nella prima fu essenziale, ma anche della possibilità di valutare rapidamente l’andamento della missione (orbite percorse e funzionamento del radar), allo scopo di intervenire con tempestività̀ per eventuali correzioni.

A questa prima missione ne seguirono altre due, la seconda nell’Ottobre 1994, SRL-2 che continuò le linee di ricerca della prima, fornendo risultati ancora più esaltanti, e la terza nel Febbraio 2000, SRTM (Shuttle Radar Topographic Mission), esplicitamente concepita per la mappatura 3D della Terra tra 60 gradi Lat. Nord e 60 gradi Lat. Sud (60 gradi era l’inclinazione dell’orbita dello Shuttle).

Le Missioni erano state programmate, dal punto di vista scientifico, con grande competenza e cura coinvolgendo il mondo scientifico, Universitario e dei Centri di ricerca, che, tramite i Project Scientist (americano, tedesco e italiano) aveva strettamente collaborato con gli astronauti e i Responsabili delle Missioni.

Erano stati individuati, sulla superficie terrestre, un certo numero di siti per gli esperimenti da condurre con l’ausilio degli astronauti, affidati proprio ai ricercatori, i quali, durante la Missione, potevano interagire, tramite i Project Scientist, con gli astronauti per fornire informazioni utili all’ottimizzazione dei parametri radar ed alla conduzione degli esperimenti.

Gli obbiettivi fissati furono non solo raggiunti ma superati. La prima Missione aveva il compito primario, per Italiani e Tedeschi, di verificare il comportamento in orbita del radar in banda X che per la prima volta volava nello spazio. Ma fornì anche immagini multi temporali e multi frequenziali di straordinaria bellezza, e di elevatissimo contenuto informativo. Oceanografi e vulcanologi, coinvolti in una serie di esperimenti, rimasero sbalorditi per le informazioni che la visione radar dallo spazio consentiva.

La seconda Missione aveva il primario compito scientifico di verificare la fattibilità dell’interferometria dallo Spazio mediante passaggi ripetuti sullo stesso sito e visto l’ottimo risultato ottenuto, con la terza Missione si modificò la struttura dello Shuttle dotandolo di un braccio lungo 60 metri in cima al quale era installata la parte ricevente di un radar in banda X per effettuare l’interferometria a singolo passaggio. Si è cosi realizzata la mappatura quasi completa dell’intera superficie terrestre.

Non ci sarebbero state e non ci sarebbero oggi tutte le Missioni operative di Osservazione della Terra dallo Spazio senza il contributo di dati e di informazioni forniti dalle Mission SIR-C/X-SAR.

Infatti, in parallelo con la preparazione ed esecuzione delle missioni SIR-C/X-SAR, consolidando la leadership tedesca e italiana sia in campo scientifico che industriale, si sviluppano e vengono lanciate le missioni europee, ERS 1-1991, ERS 2-1995, ENVISAT-2002, fino a Copernicus Sentinel 1-2014, tutte con SAR in banda C, e poi quelle nazionali in Italia e in Germania: COSMO-SkyMed, costellazione italiana, è cronaca quotidiana.

Tali missioni hanno dimostrato e continuano a dimostrare l’efficacia della tecnologia SAR per una serie di tematiche di ricerca e per una serie di applicazioni, che beneficiano delle caratteristiche intrinseche dello strumento, non ultima quella di permettere una capacità osservativa h24, giorno e notte.

L’utilizzo di satelliti che imbarcano strumenti SAR (banda C, L, X) è oggi alla base di servizi forniti a livello operativo e continuativo su tematiche applicative quali, ad esempio, ma la lista non è completa, movimenti del suolo, “change detection”, monitoraggio linee di costa, sversamento di idrocarburi nei mari.

L’esperimento X-SAR e i conseguenti sviluppi rappresentano un percorso virtuoso che, partendo da intuizioni scientifiche e attraverso sperimentazione e successivi affinamenti, ha permesso di sviluppare applicazioni e servizi di pubblica utilità: una tecnologia così ‘lontana’, per specialisti, diventa così ‘vicina’, entrando a far parte della vita di tutti i giorni.

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