Nuovi risultati dall'esperimento ASI Acoustic Diagnostics

12 Novembre 2024

L'aumento della pressione intracranica (ICP) in condizioni di microgravità prolungata è considerato uno tra i principali fattori di rischio per la salute degli astronauti, in quanto può determinare seri danni alla vista, riassunti sotto la definizione di sindrome neuro-oculare associata al volo spaziale (SANS). I metodi diretti, altamente invasivi, non sono utilizzabili per misurare l’ICP in orbita, per cui identificare nuovi approcci non invasivi e affidabili diventa di fondamentale importanza. Uno dei metodi indiretti più promettenti si basa sulla misurazione della fase delle emissioni otoacustiche prodotto di distorsione (DPOAE) come indicatore dei cambiamenti della pressione intracranica in volo.

Sorprendentemente, l'orecchio umano non è solo sensibile ai segnali acustici, ma è anche in grado di generarli ed emetterli, sotto forma di emissioni otoacustiche (OAE). I DPOAE sono prodotti di distorsione OAE generati non linearmente all'interno dell'organo sensoriale dell'udito, la coclea, e misurabili con un microfono inserito nel canale uditivo. La fase di questi segnali dipende dalla rigidità dell'orecchio medio, che a sua volta è influenzata dai cambiamenti della pressione del fluido intra-cocleare, che è in connessione diretta con l’ICP. Di conseguenza, la misurazione della fase dei DPOAE, permette di valutare indirettamente, oltre alla funzionalità del sistema uditivo, anche l’aumento della pressione intracranica, mediante un test rapido, obiettivo e non invasivo.

L’associazione fra fase delle OAE e ICP è stata già dimostrata in diversi studi condotti a Terra al variare della postura, ed in condizione di microgravità transitoria durante le fasi di caduta libera del volo parabolico. Una calibrazione del metodo, che permette di convertire l’aumento della fase in una stima dell’aumento della ICP, è stata ricavata da misure simultanee di OAE e di ICP, variata in condizioni controllate in pazienti neurochirurgici. Sulla ISS, l’unico studio che ha valutato la ICP utilizzando le OAE non ha individuato una variazione significativa di fase in orbita rispetto alla postura seduta in gravità terrestre, e una diminuzione della fase rispetto alla postura orizzontale.

In questo contesto, si inserisce l’esperimento Acoustic Diagnostics, finanziato dall'Agenzia Spaziale Italiana e guidato dal Prof. Arturo Moleti del Dipartimento di Fisica dell'Università di Roma Tor Vergata, in collaborazione con Altec, Campus Biomedico, INAIL, CNR e l’Università Sapienza , e recentemente pubblicato sulla rivista peer-reviewed Journal of the Association for Research in Otolaryngology.

Lo studio, condotto a bordo della ISS dal 2019 al 2022, ha dimostrato per la prima volta un incremento significativo della fase dei DPOAE durante il volo spaziale rispetto alle misure effettuate a Terra, interpretabile come un aumento della ICP. In particolare, i DPOAE sono stati registrati in cinque astronauti prima, durante e dopo la loro permanenza a lungo termine (6-8 mesi) a bordo della ISS. I dati misurati in orbita sono stati poi confrontati con quelli registrati nella postura seduta a Terra, prima e dopo il volo. Oltre ad un aumento medio della ICP, è stata osservata una diversa sensibilità nella risposta interindividuale. In alcuni soggetti, infatti, l'aumento della ICP in volo, stimato indipendentemente nei due orecchi, è risultato riproducibile e significativamente più elevato di quello che si osserva passando dalla posizione seduta a quella supina, sulla Terra. In altri soggetti, i dati registrati nei due orecchi sono meno correlati, suggerendo una criticità legata alla riproducibilità dell’inserzione della sonda nel canale uditivo.

Sebbene in linea di principio la misura sia di facile comprensione e interpretazione, è stato necessario un grande sforzo per sviluppare una tecnologia sufficientemente sensibile come quella utilizzata nell'esperimento Acoustic Diagnostics, basata anche su tecniche avanzate di analisi dei segnali. Lo studio, è stato, quindi, di fondamentale importanza sia per la tecnologia utilizzata, ma soprattutto perché ha dimostrato come la misurazione delle DPOAE rappresenti un promettente strumento non invasivo per il monitoraggio dei cambiamenti della ICP degli astronauti durante le missioni spaziali di lunga durata. Questa tecnica di monitoraggio, se resa disponibile a una popolazione più ampia di astronauti, potrebbe aiutare a comprendere meglio non solo come la fisiologia umana viene influenzata dalla microgravità ma anche come monitorare e prevenire alcuni dei danni osservati negli astronauti a livello neuro-oculare.

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