Cinque dei pianeti che compongono il sistema TOI-178 orbitano con un preciso ritmo, una sorta di danza celeste nota come risonanza orbitale, che li porta ad allinearsi tra loro con regolarità dopo aver completato un certo numero di orbite. A questa “celestiale armonia” si contrappone però un sorprendente “caos” nella distribuzione delle densità dei pianeti di TOI-178: in prossimità di un pianeta denso come la Terra ne è stato trovato uno gassoso molto più rarefatto, seguito da uno avente densità comparabile a Nettuno. In paragone, nel nostro Sistema solare, i pianeti rocciosi, con densità maggiori, si trovano più vicini al Sole, mentre quelli gassosi e meno densi occupano le regioni più esterne. Allo studio, pubblicato oggi sulla rivista Astronomy & Astrophysics e guidato da Adrien Leleu dell’Università di Ginevra e dell’Università di Berna in Svizzera, hanno partecipato anche molte ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e di Università italiane.
TOI-178 deve il suo nome al satellite TESS della NASA, che aveva individuato due esopianeti intorno a una stella più piccola e fredda del Sole, distante poco più di 200 anni luce da noi. Nuove osservazioni molto precise realizzate da CHEOPS, il satellite dell’ESA dedicato alla caratterizzazione degli esopianeti con una importante partecipazione italiana, che vede coinvolti l’INAF, l’ASI e l’Università di Padova, mostrano ora che TOI-178 ospita almeno sei pianeti e che questo sistema planetario ha una architettura molto particolare.
Una delle caratteristiche del sistema TOI-178 scoperto grazie ai dati di CHEOPS è che i suoi pianeti – tranne quello più vicino alla stella – sono in risonanza orbitale: quando un pianeta completa un certo numero di orbite, un altro pianeta del sistema completa un differente numero di orbite. Così, nei loro moti attorno alla stella, alcuni pianeti si allineano periodicamente tra loro ogni poche orbite.
Nel nostro Sistema solare, una risonanza simile si osserva nelle orbite di tre delle lune di Giove: Io, Europa e Ganimede. Per ogni orbita di Europa, Ganimede completa due orbite, e Io ne completa quattro (questo è il modello rappresentato dalla sequenza 4:2:1).
Nel sistema TOI-178, il moto di risonanza è molto più complesso poiché coinvolge cinque pianeti, seguendo uno schema 18:9:6:4:3. Quando il secondo pianeta dalla stella (il primo nello schema) completa 18 orbite, il terzo pianeta dalla stella (secondo nello schema) completa nove orbite, e così via per gli altri pianeti.
Inizialmente, gli scienziati avevano trovato solo quattro dei pianeti in risonanza, ma seguendo lo schema hanno dedotto che ci doveva essere un altro pianeta (il quarto che segue lo schema, il quinto pianeta dalla stella), confermandone poi la sua presenza.
“Il momento più eccitante di questo lavoro è stato trovare l'ultimo pianeta, cercandolo proprio dove indicato dallo schema delle risonanze scoperto con le prime osservazioni di CHEOPS”, sottolinea Isabella Pagano, dell’INAF di Catania, responsabile in Italia per CHEOPS. “Per anni abbiamo detto che CHEOPS ci avrebbe consentito solamente di approfondire la conoscenza di pianeti già noti; oggi
stiamo vedendo che esso è anche un formidabile strumento per scoprirne di nuovi e quindi per svelare l'architettura dei sistemi planetari”.
“Ancora una volta nuove osservazioni ci fanno conoscere sistemi planetari stravaganti e inaspettati” commenta Elisabetta Tommasi, responsabile per ASI dell’accordo con INAF per le attività scientifiche di CHEOPS, “confermando un’estrema varietà nei mondi extrasolari, tutta da studiare e comprendere, anche grazie alle prossime missioni in preparazione Plato e Ariel”.
Il passo successivo del team è stato quello di provare a caratterizzare meglio la natura dei pianeti, misurando le loro dimensioni, masse e quindi le loro densità. Per far questo, il team ha combinato i dati di CHEOPS con le osservazioni ottenute da strumenti a Terra, in particolare lo spettrografo ESPRESSO, installato sul telescopio VLT dell'ESO, insieme a NGTS e SPECULOOS, tutti situati presso l'Osservatorio dell'ESO al Paranal in Cile.
Grazie a questa sinergia, gli astronomi sono stati in grado di ottenere preziose informazioni sul sistema TOI-178 e sui suoi pianeti, che orbitano intorno alla loro stella centrale molto più vicino e molto più velocemente di quanto la Terra orbiti intorno al Sole. Il più veloce, ovvero il pianeta più interno dei sei, completa un'orbita in appena un paio di giorni, mentre il più esterno impiega circa venti giorni. I sei pianeti hanno dimensioni che vanno da circa una a circa tre volte la dimensione della Terra, mentre le loro masse sono da 1,5 a 30 volte maggiori del nostro pianeta. Alcuni dei pianeti sono rocciosi, ma più grandi della Terra: questi pianeti sono noti come Super-Terre. Altri sono pianeti gassosi, come i pianeti esterni del nostro Sistema solare, ma sono molto più piccoli: sono chiamati Mini-Nettuno. Sorprendentemente, però, la disposizione di questi pianeti risulta alquanto caotica in relazione alle loro densità: pianeti gassosi più rarefatti si trovano più vicini alla loro stella rispetto a pianeti con densità più alte, comparabili alla Terra. Nel nostro Sistema solare, invece, i pianeti con densità maggiori si trovano più vicini al Sole, mentre quelli gassosi e meno densi hanno orbite più ampie.
Per Stefano Cristiani, ricercatore INAF a Trieste e uno dei responsabili scientifici dello spettrografo ESPRESSO “è uno di quei momenti in cui ad un astronomo sembra di poter toccare con mano "l'armonia delle sfere celesti". Galileo ci ha insegnato che il libro della natura ‘è scritto in lingua matematica’, ma trovare sei pianeti che orbitano con frequenze in rapporti semplici tra di loro, come se fossero le note di una musica celestiale, riempie di meraviglia ed emozione. Ed è un grande e raro privilegio nella carriera di un astronomo trovarsi a riconoscere le regolarità delle leggi della natura, congetturare un evento preciso che corrobori o falsifichi la propria elegante teoria e osservare, come è accaduto, il sesto pianeta proprio là dove si era immaginato dovesse essere. Sono ancor più felice – prosegue Cristiani – perché a una scoperta così bella ha contribuito in modo determinante lo strumento ESPRESSO, costruito con la partecipazione fondamentale di INAF. Dopo vari anni di lavoro per ottenere un'accuratezza di misura mai raggiunta, ci stiamo prendendo delle belle soddisfazioni”.