Il 24 luglio 1969 Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins ammaravano con la loro navicella spaziale nel Pacifico, dopo un viaggio di 8 giorni di andata e ritorno sulla Luna. Era il successo completo della missione Apollo 11

Lo scorso 20 luglio abbiamo celebrato un anniversario storico, i 50 anni dal primo sbarco sulla Luna. Oggi ricorre un cinquantesimo altrettanto importante, quello che di fatto ha permesso di ricordare la missione Apollo 11 come un successo: il ritorno sul nostro pianeta, sani e salvi, dei tre astronauti che intorno e sopra al nostro satellite avevano tenuto il mondo col fiato sospeso.

Il 24 luglio 1969, alle 18:50 italiane, Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins ammaravano con la loro navicella spaziale nel Pacifico, dopo un viaggio di 8 giorni di andata e ritorno sulla Luna. Era la vittoria definitiva degli Stati Uniti in questo fondamentale capitolo della corsa allo spazio, la conquista del nostro satellite voluta da Kennedy. Storiche le immagini delle celebrazioni pubbliche dell’equipaggio, accolto in pompa magna durante una parata a New York insieme al neo eletto presidente Nixon.

Eppure non tutti sanno che quei festeggiamenti risalgono al 13 agosto 1969, tre settimane dopo il rientro dell’Apollo 11. Nel mezzo, i tre astronauti furono sottoposti a un periodo di quarantena, dettata dal timore che potenziali germi provenienti dalla Luna infettassero la Terra. Un’ipotesi considerata improbabile dagli scienziati della Nasa, ma nessuno si prese la responsabilità di escluderla del tutto. E così la storica missione si concluse con 21 giorni di isolamento, mentre gli astronauti venivano salutati da familiari e autorità attraverso il vetro del cosiddetto Laboratorio di Ricevimento Lunare. Una volta accertato il loro stato di salute, ebbe finalmente inizio quella celebrazione che resta ancora viva 50 anni dopo, mentre si prepara una nuova corsa alla Luna per spingere l’uomo ancora oltre nell’esplorazione spaziale.

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