I dati del telescopio, missione congiunta della NASA e dell’Agenzia Spaziale Italiana, forniscono nuovi dettagli sui blazar

06 Maggio 2025

Un nuovo brillante risultato per IXPE (Imaging X-ray Polarimetry Explorer), telescopio spaziale nato da una collaborazione tra la NASA e l'Agenzia Spaziale Italiana: IXPE, in sinergia con altri telescopi, ha studiato BL Lacertae (BL Lac), un blazar situato nella costellazione della Lucertola a circa un miliardo di anni di distanza dalla Terra. IXPE ha così offerto agli scienziati l’opportunità di rispondere a un annoso quesito, relativo alla natura dei raggi X prodotti in un ambiente così estremo.

I risultati di questa attività di ricerca saranno pubblicati su The Astropysical Journal Letters; lo studio, al quale partecipano diversi ricercatori italiani (tra cui Laura Di Gesu dell’ASI), è disponibile in anteprima sulla piattaforma arxiv.org. "Questo era uno dei più grandi misteri sui getti dei buchi neri. E IXPE ci ha finalmente fornito gli strumenti per risolverlo". Così si è espresso Iván Agudo, autore principale dello studio e astronomo presso l'Instituto de Astrofísica de Andalucía - CSIC in Spagna.

BL Lac dunque è un buco nero super-massiccio circondato da un disco luminoso e da getti orientati verso la Terra; è stato uno dei primi blazar scoperti (nel 1929) e all’inizio era stato classificato come una come una stella variabile. IXPE, alla fine di novembre 2023 e per 7 giorni, ha puntato il suo sguardo su BL Lac, insieme ad altri telescopi radio e ottici che hanno misurato la polarizzazione in contemporanea. Non era la prima volta che IXPE teneva d’occhio questo blazar, ma in questo caso si è verificata una circostanza particolare: durante le osservazioni sulla polarizzazione nei raggi X, la polarizzazione ottica di BL Lac ha raggiunto un livello moto elevato, pari al 47%.

"Questo non è solo il BL Lac più polarizzato degli ultimi 30 anni, è anche il blazar più polarizzato mai osservato", ha dichiarato Ioannis Liodakis, uno degli autori principali dello studio e astrofisico presso l'Istituto di Astrofisica - FORTH in Grecia. L’esito delle osservazioni mostra che le interazioni tra gli elettroni in rapido movimento e i fotoni devono portare all’emissione di raggi X. Gli scienziati hanno formulato due ipotesi per spiegare questo fenomeno: una coinvolge i protoni e l’altra gli elettroni e, a seconda del tipo di particella, la ‘firma’ nella polarizzazione dei raggi X è differente.

Se i raggi X presenti nei getti di un buco nero sono altamente polarizzati, significherebbe che sono originati da protoni che ruotano nel campo magnetico del getto o da protoni che interagiscono con i fotoni del getto e altri protoni vicini. Se invece i raggi X hanno un grado di polarizzazione inferiore, allora le interazioni elettrone-fotone dovrebbero portare alla produzione di raggi X. Gli autori dell’articolo hanno riscontrato che i responsabili del fenomeno dovrebbero essere gli elettroni tramite un processo definito ‘Effetto Compton’; questo fenomeno si verifica quando un fotone perde o guadagna energia, variando quindi la propria lunghezza d'onda, dopo aver interagito con una particella carica, in genere un elettrone.

Nei pressi di un buco nero super massiccio gli elettroni si muovono quasi alla velocità della luce e, grazie alla sensibilità di IXPE, gli scienziati hanno notato che nei getti di un blazar gli elettroni hanno energia a sufficienza per disperdere i fotoni radio e infrarossi fino alle lunghezze d’onda nei raggi X. Inoltre, IXPE ha evidenziato che i raggi X erano molto meno polarizzati rispetto alla luce ottica: questo dettaglio conferma che l’interazione tra elettroni e fotoni, tramite l’Effetto Compton, può spiegare la presenza dei raggi X. "Il fatto che la polarizzazione ottica fosse così elevata rispetto ai raggi X può essere spiegato solo dall’Effetto Compton", ha commentato Steven Ehlert, Project Scientist per IXPE e astronomo del Marshall Space Flight Center.

"I rivelatori a bordo di IXPE ancora una volta hanno mostrato le loro capacità in un'osservazione resa complessa dalla debolezza della sorgente - ha dichiarato Laura Di Gesu, ricercatrice dell’ASI - Questi risultati ci ripagano immensamente, perché sono i frutti concreti del sostegno che l'ASI dedica costantemente allo sviluppo di tecnologie innovative per l'osservazione dell'Universo".

"IXPE è riuscito a risolvere un altro mistero dei buchi neri - ha commentato Enrico Costa, astrofisico presso l'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell'Istituto Nazionale di Astrofisica. Costa è uno degli scienziati che hanno ideato questo esperimento e lo hanno proposto alla NASA 10 anni fa, sotto la guida di Martin Weisskopf, primo ricercatore principale di IXPE. "La visione polarizzata a raggi X di IXPE ha risolto diversi misteri di lunga data, e questo è uno dei più importanti. In altri casi - ha concluso Costa - i risultati di IXPE hanno sfidato opinioni consolidate e aperto nuovi enigmi, ma è così che funziona la scienza e, di sicuro, IXPE sta facendo un'ottima ricerca".

In alto: il telescopio spaziale IXPE (Crediti: NASA) 

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